giovedì 5 dicembre 2013

PROPOSTA DI INTITOLAZIONE DELLA SCUOLA A FABRIZIO DE ANDRE'

L’articolo 3 della Costituzione Italiana così recita:<<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>.
Ispirandosi a questo principio fondamentale, che esprime in modo mirabile l’intenzione di creare una società dove ciascuno, indipendentemente dalla sua specifica condizione, si possa ritenere portatore di diritti, la scuola ha avviato nella seconda metà del secolo scorso un processo di costante rinnovamento dei suoi percorsi e progetti formativi: la scuola così ha recepito le indicazioni rivoluzionarie di Don Milani e dei suoi ragazzi della Scuola di Barbiana, ha accolto i “Gianni” esclusi dalla scuola classista e selettiva, ed ha cercato dagli anni Settanta di rinnovare continuamente se stessa fino a diventare, oggi, la Scuola dell’inclusione, la scuola che, nel garantire percorsi adeguati per le eccellenze, si deve impegnare a favorire il pieno inserimento e sviluppo di tutti i soggetti, in qualsiasi condizione di disagio essi si trovino nell’ottica di un positivo inserimento nel contesto sociale. Chi ha cantato emarginati e indesiderabili  affrancandoli dal "ghetto" e mettendo a confronto la loro dolorosa realtà umana con la cattiva coscienza dei loro accusatori, è stato Fabrizio De Andrè. Il suo cammino, iniziato  in  Via del Campo, ha attraversato tutte le realtà più umili: dalle  minoranze etniche ai diseredati, dai disertori ai malati. Nella sua antologia di vinti, dove l'essenza delle persone conta più delle azioni e del loro passato, De André ha raggiunto  risultati poetici che oggi gli vengono ampiamente riconosciuti.

La proposta di dedicare questo Istituto Comprensivo a Fabrizio De André nasce proprio dalla constatazione che questo cantautore/poeta, o poeta/cantautore, comunque lo si voglia definire, ha rappresentato una pietra miliare nella cultura della seconda metà del Novecento, che egli ha cantato e pennellato, con musica e parole, suscitando emozioni e riflessioni che progressivamente si sono impresse nella coscienza individuale e collettiva. Molte delle sue canzoni sono ormai presenti nelle antologie scolastiche per il loro contenuto e per il valore che esse trasmettono. Esse rappresentano degli enunciati splendidi dell’amore e della solidarietà che deve essere garantita a ciascun individuo/persona indipendentemente dalle condizioni sociali nelle quali si trova inserito e, illuminate da una etica laica ma fortemente ispirata ai principi di solidarietà e fratellanza che hanno caratterizzato il Cristianesimo e tutte le persone di “buona volontà” che riconoscono all’altro pari dignità e pari diritti.

FABRIZIO DE ANDRE' : POESIA E MUSICA TRA TERRA E CIELO



De André (nato a Genova il 18 febbraio del 1940) è stato definito moderno trovatore dal cuore antico, poeta del piccolo pentagramma, folksinger dei poveri derelitti, della vita vera nei suoi dolori e nelle sue ingiustizie, l’aedo, il poeta che ha simbolizzato gli anni sessanta, la contestazione, la rabbia malinconica, la ricerca di nuove musicalità e parole: queste definizioni sono quanto mai vere, attuali e condivise anche a distanza di quattordici anni dalla sua morte avvenuta nel gennaio del 1999.

In occasione del suo funerale, Don Andrea Gallo, “prete di strada” recentemente scomparso, così lo salutava:

<<Caro Faber,
da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità.
Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione.
E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».
La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza.
Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. 
E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti. 
Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza. 
La Comunità di San Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica. 
Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera. E’ vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli. 
Caro Faber, grazie! 
Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie. 

E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare 
verremo ancora alle vostre porte 
e grideremo ancora più forte 
per quanto voi vi crediate assolti 
siete per sempre coinvolti, 
per quanto voi vi crediate assolti 
siete per sempre coinvolti. 

Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista.
Grazie. Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede>>.

E sempre don Andrea Gallo unisce Fabrizio De André con Fernanda Pivano facendo riferimento alla nona beatitudine del Discorso della montagna di Gesù: 
<<Beati i costruttori di pace perché saranno chiamati Figli di Dio».


Porta Ticinese – Milano 
Il ritratto di Don Gallo da quest’anno vicino a Fabrizio De Andrè. 

Dagli anni ’60 ad oggi la voce di Fabrizio de André non ha perso il suo valore ed il suo potere di speranza e di denuncia, di solidarietà e compassione, di rispetto per la dignità dell’uomo, pur nella sofferenza della vita. Egli ha cantato, trasponendoli in chiave poetica, la diversità, il dolore, l’ingiustizia, le emozioni ed i sentimenti, rendendoli eterni così come solo la poesia sa fare. 

A chi gli chiedeva se egli si ritenesse un poeta o un cantautore, Fabrizio de André, con il carattere intenso e schivo da facili elogi ed entusiasmi che lo caratterizza, rispondeva che egli preferiva definirsi cantautore ed affermava: «Benedetto Croce diceva che fino all’età dei diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono solo due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. E quindi io, precauzionalmente, preferisco definirmi un cantautore». E ancora:<<No, non sono un poeta. La poesia è un mestiere, ma non il mio. Io cerco soltanto di gettare un ponte tra la poesia e la canzone>>. 

Il suo realismo poetico si è evidenziato sin dalla prima canzone che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, anche grazie alla splendida interpretazione di Mina del 1968, la Canzone di Marinella: in quella canzone egli ha reso eterna la protagonista di un brutto fatto di cronaca, un femminicidio allora poco denunciato, letto sulla cronaca nera di un quotidiano genovese, ed egli, allora poco più che ventenne, ha regalato alla vittima un futuro che la vita non poteva più garantirle e <<dal fiume la portò sopra una stella>>. 

Molti si sono chiesti se De André credeva in Dio ed egli stesso ha dato risposte differenti ma, di fatto, già con “Preghiera in gennaio”, canzone poco nota del suo primo album, dedicata all’amico suicida Luigi Tenco, egli dà una speranza di amore e di perdono anche ai suicidi, allora puniti anche dalla Chiesa con il diniego dei sacramenti, affermando che Dio accoglierà anche i suicidi <<perché non c’è l’inferno nel mondo del Buon Dio>> e ancora <<signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi, Dio tra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte. Dio di misericordia il tuo bel Paradiso l’hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso, per quelli che han vissuto con la coscienza pura, l’inferno esiste solo per chi ne ha paura.>>

Per De André tutti hanno diritto ad essere consolati e anche la descrizione del dolore e della morte si vestono sempre di una speranza che assume, talvolta a sua stessa insaputa, una dimensione metafisica e religiosa. Questo viene dimostrato nell’album “La Buona novella”, il disco che lo stesso De André considerava “il più riuscito”, tratto dai Vangeli apocrifi, in cui l’annuncio del Salvatore si trasforma in atto di fede laica, in cui il “ladrone” Tito prova dolore per la morte di Gesù, o dove “Il pescatore”, rispondendo alla richiesta di aiuto del ladro in fuga, “versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e fame”, o, ancora, nella canzone “Si faceva chiamare Gesù”, dove Gesù, visto come uomo, viene rappresentato come “venuto da molto lontano a convertire bestie e gente/non si può dire non sia servito a niente perché prese la terra per mano, vestito di sabbia e di bianco alcuni lo dissero santo per altri ebbe meno virtù si faceva chiamare Gesù”. Radio Vaticana, nonostante la forte componente laica, amava trasmetterla. 

La sua ispirazione è religiosa nel senso più profondo del termine e nella splendida canzone “Inverno” egli descrive con pennellate altamente poetiche un paesaggio invernale dove la vita e la morte, il presente il passato ed il futuro sembrano congiungersi e la terra e la vita dell’uomo diventano quasi tutt’uno: <<Sale la nebbia sui prati bianchi/come un cipresso sui camposanti,/un campanile che non sembra vero segna il confine tra la terra e il cielo./Ma tu che vai, ma tu rimani, vedrai la neve se ne andrà domani/rifioriranno le gioie passate col vento caldo di un’altra estate. Anche la luce sembra morire nell’ombra incerta di un divenire dove anche l’alba diventa sera e i volti sembrano teschi di cera./Ma tu che vai, ma tu rimani anche la neve morirà domani, l’amore ancora ci passerà vicino nella stagione del biancospino. La terra stanca sotto la neve dorme il silenzio di un sonno greve, l’inverno raccoglie la sua fatica di mille secoli, da un’alba antica./Ma tu che stai, perché rimani? Un altro inverno tornerà domani, cadrà altra neve a consolare i campi, cadrà altra neve sui camposanti.>> 

Dolore e sofferenza si intersecano con il rinnovamento e con l’amore, nell’avvicendarsi della vita, senza mai perdere la speranza, la terra stanca è quasi consolata dalla neve che la ricopre e all’apparente stasi della vita, affaticata dalla sofferenza, De André dà il conforto del rifiorire delle gioie passate, mentre all’ombra incerta dell’eterno flusso che caratterizza il divenire della vita egli offre la speranza e la consolante certezza dell’amore che <<passerà vicino nella stagione del biancospino>>.

De André ha dato ai personaggi che hanno popolato le sue poesie/canzoni una dignità desiderata che la vita ha loro negato ed una eternità che egli stesso avvertiva dovesse esistere in qualche modo ma che, intanto, egli ha regalato, soprattutto agli ultimi della terra con le sue parole e le sue note. 

De André è stato ed è il simbolo più autentico dell’inclusione e della necessità di “fare scoppiare la pace nel mondo”, così come ha con forza richiesto Papa Francesco, è stato ed è la voce che molti non riescono ad avere, egli ha dato la voce a chi è stato e sta in silenzio, a chi non vuole o non sa chiedere aiuto, e Ella e Kate, Joe e Sam, Jones, Franziska, Piero, un Generale di vent’anni, che sono solo alcuni degli “eroi” di Fabrizio De André, personaggi e storie legate all’amore, alla guerra, alla religione, alla vita quotidiana che hanno sempre popolato la poetica del grande cantautore. Storie e figure di uomini e donne che “non hanno vinto” ma che, proprio per questo, sono state fonte primaria di ispirazione del cantautore-poeta.

Sul piano più propriamente artistico culturale, facendo riferimento a quanto espresso da Claudio Fabretti, giornalista ed esperto di musica contemporanea, Fabrizio De André è uno dei capisaldi della canzone d’autore italiana, ha fatto riferimento, facendoli propri ai temi ed agli stili degli autori più importanti d’oltre Oceano (Bob Dylan e Leonard Cohen), degli autori francesi, come George Brassens, ha infranto i dogmi della canzone italiana degli anni ’60 con le sue ballate affollate di anime perse, emarginati e derelitti di ogni angolo del mondo: <<Il suo canzoniere universale attinge alle fonti più disparate: dalle ballate medievali alla tradizione provenzale, dall'"Antologia di Spoon River" ai canti dei pastori sardi, da Cecco Angiolieri ai Vangeli apocrifi, dai "Fiori del male" di Baudelaire al Fellini dei "Vitelloni". Temi che negli anni si sono accompagnati a un'evoluzione musicale intelligente, mai incline alle facili mode e ai compromessi. De André usava il linguaggio di un poeta non allineato, ricorrendo alla forza dissacrante dell’ironia […] Il suo è un disperato messaggio di libertà e di riscatto. […] Di lui, Mario Luzi, uno dei maggiori poeti del Novecento, ha detto:”De André è veramente lo chansonnier per eccellenza, un artista che si realizza proprio nell’ipertestualità tra testo letterario e testo musicale. >>.

La sua visione totale della vita e della realtà lo ha portato anche a valorizzare i dialetti, riconoscimento avuto anche con l’assegnazione del Premio Govi, perché egli riteneva che “in una nazione giovane come l’Italia i dialetti sono indispensabili, rappresentano un desiderio di identificazione nelle proprie radici”. Con Creuza de ma scritto completamente in genovese, “l’idioma neolatino più ricco di fonemi arabi”, raggiunge il momento più alto del suo canto elevato per pennellare Genova, con il suo profumo, i suoi esclusi, i suoi abitanti della Città vecchia che egli ha tanto amato, e della sua esaltazione della potenza espressiva del dialetto.

Proprio questo amore per le culture più forti lo ha portato in Sardegna dove fu rapito insieme alla compagna Dori Ghezzi ma anche in questo caso egli trasformò poeticamente i suoi carcerieri attribuendo loro una identità diversa: nelle sue canzoni i malviventi diventano “marinai di foresta” o indiani Sioux, oppressi e oppressori nello stesso tempo. Coerentemente con il suo modo di interpretare l’animo umano, poi, egli riuscì a perdonarli.

Nel 1996 scrisse e compose, in collaborazione con Ivano Fossati, il suo testamento musicale, “Anime salve” definito “un viaggio pieno di suggestioni, sapori incontri, un percorso affollato di spiriti solitari che abitano angoli appartati della Terra e che esprime la condizione dell’isolamento visto come la condizione che permette, così come egli stesso affermava, “di non essere contaminati da passioni di parte, uno stato di tranquillità dell’animo che permette di abbandonarsi all’assoluto”.

Nel 2005 fu pubblicato, post mortem, In direzione ostinata e contraria, musica e testi che raccolgono i suoi quarant’anni di carriera, la storia di un uomo, poeta e cantautore che affermava: <<Penso che il fine della canzone sia quello, se non proprio di insegnare, almeno di indicare delle strade da seguire, dei codici di comportamento ed è l’unico motivo che mi fa pensare che questo sia un mestiere serio >>.

LA VITA

1940: Il 18 febbraio 1940 nasce a Pegli (Genova) Fabrizio De André. La leggenda dice che sul giradischi di casa sua suo padre, il professor Giuseppe De André, esponente del Partito Repubblicano Italiano e, fra le altre cose, promotore della costruzione della Fiera del Mare di Genova, nel quartiere della Foce, avesse messo il ''Valzer Campestre'' di Gino Marinuzzi senior dal quale, oltre venticinque anni dopo, Fabrizio ricaverà la canzone ''Valzer per un amore''.


1942/1945: Scoppiata la guerra la famiglia si rifugia in campagna a Revignano di Asti, mentre il padre, ricercato dai fascisti si dà alla macchia. Qui, appena bambino, Fabrizio stringerà amicizia con Nina Malfieri alla quale dedicherà, parecchi anni dopo, la canzone ''Ho visto Nina Volare''. Nel 1945 la famiglia torna a Genova in via Trieste al civico 8.

1946: Fabrizio frequenta le elementari prima presso le suore Marcelline  poi alla ''Cesare Battisti''.

1948: Inizia a frequentare Paolo Villaggio, di poco più di 7 anni più grande, grazie all''amicizia tra le famiglie.

1950-1959
1951/1953: Gli studi successivi si svolgono alla "Giovanni Pascoli" e proseguono dai gesuiti dell'Arecco.

1954: Intanto è nata prepotentemente la vocazione per la musica grazie anche alla spinta della madre che gli fa studiare prima il violino, strumento verso il quale non prova particolare attrazione e, successivamente, la chitarra. Saranno questi gli anni nei quali scoprirà la poesia e gli chansonnier d'oltremanica, Brél e Brassens su tutti.

1955: La prima esibizione in pubblico in occasione di un spettacolo di beneficienza organizzato dall'Auxilium di Genova, si svolge al teatro "Carlo Felice".

1960-1969


1961: Scrive la sua prima canzone, insieme a Clelia Petracchi: il titolo sarà "La ballata del Miché". E' dello stesso anno la pubblicazione del primo 45 giri per l'etichetta genovese Karim: "Nuvole barocche" il lato A e "E fu la notte" quello B. Il solco non sarà un successo.

1962: Grazie anche al supporto di Luigi Tenco che canterà la canzone "La ballata dell'eroe" nel film "L'albero della cuccagna" di Luciano Salce, Fabrizio comincia a farsi un nome come cantante e autore. Nello stesso anno sposa Enrica "Puny " Rignon, dalla quale ha il suo primogenito Cristiano, che diverrà a sua volta polistrumentista e cantautore. Sono questi gli anni di più fervida frequentazione con Paolo Villaggio. Con lui scriverà "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers" e "Il fannullone".

1964: Sempre per l'etichetta Karim viene pubblicata "La guerra di Piero" oggi presente nelle antologie scolastiche.

1965/1966: Sono gli anni de "La canzone di Marinella", "Fila la lana", "Valzer per un amore", "La città vecchia". Quest'ultima uscirà in due versione dal momento che la censura imporrà il ritiro delle prime copie distribuite a causa di un verso del brano che verrà successivamente modificato (... pubblica moglie ... invece di ... specie di troia ...).

1967: Fabrizio chiede un aumento considerevole alla Karim, la quale, senza battere ciglio, glielo concede facendo chiaramente presagire come, in passato, avere Fabrizio nella sua piccola scuderia di cantanti fosse molto più redditizio rispetto al riconoscimento economico concessogli. Per contro De André, tutelato dal fratello Mauro, decide di far causa all'etichetta discografica che di lì a poco fallirà. Fabrizio passa alla Produttori Associati, di Tony Casetta. Nel gennaio dello stesso anno muore a Sanremo Luigi Tenco. Fabrizio gli dedicherà "Preghiera in gennaio", brano iniziale del suo primo 33 giri pensato come tale.

1968: Fabrizio acquisisce sempre più fama grazie all'interpretazione de "La canzone di Marinella" cantata da Mina. In questi anni esce il suo secondo album, il primo concept: "Tutti morimmo a stento" con l'orchestrazione di Gianpiero Reverberi. L'album trae spunto dall'amicizia di Fabrizio con Riccardo Mannerini, un "poeta vero", genovese. Sempre dall'esperienza con Mannerini, Fabrizio sarà produttore artistico insieme a Reverberi di "Senza orario senza bandiera", album dei New Trolls, giovane gruppo genovese.

1969: Esce "Volume III" che raccoglie traduzioni da Brassens e canzoni già pubblicate con la Karim. Nello stesso anno Tony Casetta va in America portando con sé un nastro con dei provini di "Tutti morimmo a stento" cantato in inglese. Il progetto di entrare nel mercato americano si arenerà immediatamente, ma solo nel 2007 verrà ritrovato da un collezionista l'album in vinile interamente confezionato, probabilmente copia unica, ricavato proprio da questi nastri.


1970-1979
1970: Viene presentato al circolo della stampa, l'album "La buona novella" tratto dai Vangeli apocrifi.

1971: Dalla lettura dell'antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, De André ricava l'album "Non al denaro non all'amore né al cielo" che vedrà la collaborazione di Giuseppe Bentivoglio, giovane giornalista marxista, e di un giovanissimo Nicola Piovani. Per l'occasione vi sarà l'incontro con Fernanda Pivano, prima traduttrice delle poesie di Masters.

1972: Arrivano le prime traduzioni di Leonardo Cohen: "Suzanne" e "Giovanna d'arco" escono su due 45 giri identici nel contenuto ma diversi nel colore della copertina: uno nero e uno bianco. Gli arrangiamenti di entrambi i brani ivi contenuti, a cura di Nicola Piovani, e il testo di "Giovanna d'arco" differiscono dalla versione contenuta prima negli LP e poi nei CD.

1973: Esce il primo concept/album interamente frutto dell'ispirazione di De André: "Storia di un impiegato" scritto a sei mani con Piovani e Bentivoglio.

1974: Fabrizio incontra un giovane Francesco De Gregori e traduce con lui "Via della povertà" (Desolation Road) di Bob Dylan che uscirà nell'album semi antologico "Canzoni". In questi anni matura l'idea di trasferirsi in Sardegna.

1975: Dall'esperienza con De Gregori nasce "Volume VIII" che contiene l'unica canzone esplicitamente autobiografica: "Amico fragile". Vicino a Tempio Pausania, in località Agnata, compra un vecchio casale che ristruttura allo scopo di aprire un'azienda agricola. Conosce Dori Ghezzi.

1977: Dall'unione con Dori Ghezzi nasce Luisa Vittoria, detta Luvi, oggi a sua volta cantante.

1978: per la Ricordi, che acquista il catalogo della Produttori Associati (Blubell records, Belldisc) appena fallita, pubblica l'album "Rimini", prima collaborazione con il giovane Massimo Bubola. Nello stesso anno parte il tour con la Premiata Forneria Marconi che rivede il repertorio di De André sulla base delle nuove sonorità di quegli anni.

1979: Esce l'album dei concerti con la PFM. In agosto Fabrizio e Dori vengono rapiti presso la loro residenza a L'Agnata. Verranno rilasciati solo quattro mesi più tardi.
1980-1989
1980: Dori e Fabrizio fondano una nuova etichetta: la Fado. Per questa etichetta verrà inciso l'album di esordio di Massimo Bubola e il nuovo disco di Dori. Lo stesso anno esce il secondo volume dei concerti con la PFM.

19
80: A De André e a Bubola viene commissionata una sigla tv sulla morte di Pier Paolo Pasolini: nasce così "Una storia sbagliata" il cui retro del 45 giri sarà "Titti".

1981: Fabrizio lavora con Mark Harris, Oscar Prudente e Massimo Bubola (coautore) all'album senza nome che ritrae nella copertina un nativo americano. Per questo verrà ribattezzato dai media come l'album de "L'indiano". Il disco venderà più di 200.000 copie.

1982: Prima tournè all'estero  con apripista il gruppo de "I tempi duri" capitanato da Cristiano. Insieme a Fabrizio suonano fra gli altri Pier Michelatti e Mauro Pagani. La tournè coprirà parecchie città di Germania ed Austria.

1983: Fabrizio e Mauro Pagani gettano le basi per l'elaborazione del successivo disco, tutto improntato sulla musica etnica.

1984: Nonostante le remore dei discografici, esce "Creuza de ma" che a fine decennio, un referendum indetto dalla rivista "Musica & Dischi" eleggerà come miglior disco degli anni ottanta. Il disco fonde le sonorità mediterranee alla lingua genovese.

1987: Con De Gregori e Fossati canta "Questi posti davanti al mare" inciso ne "La pianta de té" di Ivano Fossati l'anno successivo.

1989: A seguito di una complicazione cardiaca muore, in sudamerica, il fratello Mauro. Lo stesso anno lui e Dori si sposano.
1990-1999
1990: Esce l'album "Le nuvole" dove Fabrizio collabora con Fossati, Bubola e Pagani. Per concepire l'album viene presa a pretesto l'opera omonima di Aristofane, commediografo dell'antica Grecia. Balzerà subito in testa alle classifiche.

1991: Comincia un nuovo tour in giro per l'Italia con Mauro Pagani e i suoi musicisti più fedeli: Ellade Bandini, Michele Ascolese, Pier Michelatti... In occasione della manifestazione per il 1 maggio canta con Roberto Murolo "Don Raffaé". Il brano verrà anche inciso nell'album di Murolo "Ottantavogliadicantare". Al Club Tenco viene premiato come miglior album dell'anno "Le nuvole" e come miglior canzone "La domenica delle salme".

1992/1993: Fabrizio intraprende un nuovo tour teatrale con uno spettacolo diviso in due parti: una parte dedicata solo alle donne e una agli uomini. Per una parte della turné partecipa anche Dori Ghezzi come corista. Nel frattempo nasce l'idea di acquistare una casa a Genova.

1995: A dieci anni di distanza dalla morte del padre, Fabrizio perde anche sua madre Luisa.

1996: Opera a quattro mani con Ivano Fossati, arrangiata da Piero Milesi, esce "Anime Salve" incentrato sui temi della solitudine, dell'emarginazione e delle minoranze.

1997: Nuovo tour a seguito dell'uscita dell'album "Anime Salve" nei palazzetti. Cristiano prende il posto di polistrumentista accanto al padre. Per l'occasione si esibiranno in coppia cantando "Cose che dimentico" inciso dapprima nell'album "Sul confine" di Cristiano e poi nell'antologia "In direzione ostinata e contraria". Al Piper di Roma "Anime Salve" viene premiato come miglior disco dell'anno. Ad Aulla Fabrizio riceve il premio Lunezia per la canzone "Smisurata preghiera". Con Mina canta "La canzone di Marinella" incisa in "Mi innamoravo di tutto", album antologico. Al Club Tenco Fernanda Pivano consegna a Fabrizio la targa per il disco dell'anno.

1997/1998: Nuovo tour per l'uscita di "Mi innamoravo di tutto" che si concluderà poco prima della primavera. Mentre si parla di un tour estivo inizia a manifestarsi in estate il male.

1999: Nella notte dell'11 gennaio 1999, alle ore 2.15, Fabrizio De André muore all'Istituto dei tumori di Milano. Avrebbe compiuto 59 anni un mese più tardi.

ALTRE DEDICHE ISTITUZIONALI A "FABRIZIO DE ANDRE' "

1999 –  Scuola di musica Fabrizio De André, Castelsardo (Ss)

2000 –  Istituto Comprensivo Statale Fabrizio De André, Peschiera Borromeo (Mi)

2001  - Istituto Comprensivo Statale Fabrizio De André, Casarza Ligure (Ge)

2002  - Aula Fabrizio De André, Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università                degli studi,Genova
           Scuola Media Fabrizio De André, Monteverde Vecchio – Roma
           Scuola elementare e media Fabrizio De André, Ceranesi (Ge)
           Scuola Fabrizio De André, Albissola (Sv)
           Scuola Elementare e Media Fabrizio De André,  Castel Mella (Bs)
           Civiche scuole di Danza Musica e Arte Fabrizio De André, Bresso (Mi)

2003 -  Scuola Vespertina Oregina “Creuza de ma” (Ge)
           Istituto Comprensivo Statale Fabrizio De André, San Frediano a Settimo (Pi)


2004 – Scuola elementare Fabrizio De André, Prato
          Istituto Faber04 Libera scuola di musica e danza, Breganze (Vi)
          Nido Scuola Fabrizio De André, Reggio Emilia
          Scuola d’infanzia Fabrizio De André, Lonato (Bs)

2005 – Scuola elementare Scrima Fabrizio De André, Boville Ernica (Fr)

2007 – Scuola Media Fabrizio De André, Nardodipace (Vv)  
          Scuola di musica Fabrizio De André, Falconara Marittima (An)

2009 – Istituto Comprensivo Statale Fabrizio De André, Donori (Ca)
          Istituto Comprensivo Statale Fabrizio De André, Rho (Mi)

2010 – Liceo Artistico Statale Fabrizio De André, Tempio Pausania (Ot)

         Istituto Secondario di Primo grado Fabrizio De André, Varazze (Sv)

BIBLIOGRAFIA

  • Luigi Granetto (a cura di), Canzoni di Fabrizio De André, Roma, Lato Side, 1978.
  • Marco Neirotti, Fabrizio De André, Torino, EDA, 1982.
  • Giuseppe Adduci, Fabrizio De André, Gammalibri, 1987.
  • Doriano Fasoli (a cura di), Fabrizio De André. Da Marinella a Creuza de mä, Roma, Edizioni Associate, 1989.
  • Cesare G. Romana, Amico Fragile, Milano, Sperling & Kupfer, 1991. ISBN 88-200-1214-6 | poi Milano, Sperling Paperback, 2000. ISBN 88-8274-146-X | poi Roma, Arcana, 2009.
  • Doriano Fasoli, Fabrizio De André. La cattiva strada. Da Carlo Martello a Don Raffaè, Roma, Edizioni associate, 1995.
  • Fabrizio De André, Alessandro Gennari, Un destino ridicolo, Torino, Einaudi, 1996. ISBN 88-06-14255-0
  • Fabrizio De André (cinque poesie), Maura Cantamessa (sei calcografie), Luce, luce lontana, Bergamo, El Bagatt, 1997.
  • Romano Giuffrida, Bruno Bigoni (a cura di), Fabrizio De André. Accordi eretici, Milano, Euresis, 1997.
  • Matteo Borsani, Luca Maciacchini, Anima salva. Le canzoni di Fabrizio De André, Mantova, Tre lune, 1999.
  • Fabrizio De André, Come un'anomalia. Tutte le canzoni, Torino, Einaudi, 1999.
  • Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo. Da Carlo Martello a Princesa, Roma, Edizioni associate, 1999, 2001.
  • Vincenzo Mollica, (a cura di), Segni De André, Città di Castello (PG), Edizioni Di, 1999.
  • Juri Aparo, Sergio Cusani (da un'idea di), Faber, amico fragile.... Una serata insieme per gli ultimi. Teatro Carlo Felice, domenica 12 marzo 2000, s. l., s. n., 2000.
  • Biagio Buonuomo, Fabrizio De André. Le storie, la storia, Napoli, La Città del Sole, 2000.
  • Franca Canero Medici, Fabrizio De André, un volo tra amore e morte. Alla fontana dei colombi nella casa di pietra, Roma, Editrice Bibliosofica, 2000.
  • Antonio Di Gennaro, L'esperienza del dolore e del sacro nella poesia di Fabrizio De André, in Parole scomposte. Poesie, Napoli, Lettere italiane, 2000.
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  • Luigi Viva, Non per un dio ma nemmeno per gioco. Vita di Fabrizio De André, Milano, Feltrinelli, 2000.
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